Dai luoghi ai libri

Foto archivio Parco Letterario F. Petrarca

Il Parco letterario Francesco Petrarca


Sui Colli Euganei è possibile passeggiare tra le pagine di decine di testi di poesia e di prosa. Lo si può fare nel Parco Letterario® Francesco Petrarca, un eccezionale contesto tra natura, arte e storia che offre un’inedita chiave di lettura del territorio grazie alle emozioni immortalate nelle opere letterarie.

Camminando tra i dolci sentieri di Torreglia, come dar torto dunque a Tommaseo che scrive “Tutto all’intorno avvince il poeta”.  E come non provare la stessa emozione di Diego Valeri arrivando dalla pianura quando ci “si sente invadere da una commozione più grande, come davanti a un miracolo semplice, a un mistero in piena luce. I dolci colli son là, come un divinum munus, tra le pianure del cielo e della terra, azzurri e verdi, senza più corpo, lievi come nuvola: aerea siepe dell’infinito”.

Il primo fu Francesco Petrarca, che trascorse gli ultimi anni della sua vita ad Arquà Petrarca, poi nel corso dei secoli gli Euganei divennero la meta di un autentico pellegrinaggio letterario.

Ugo Foscolo ci porta il suo Ortis con “Teresa, suo padre, Odoardo, la piccola Isabellina” che esclama “Io ho veduto la Natura più bella che mai“ mentre se ci giriamo ci può sembrare di vedere Lord Byron fermo davanti alla tomba del Poeta che dice “sollevate verso l’alto, su colonne, riposano/ le ossa dell’amante di Laura”. 


Ma i Colli possono anche suggerire emozioni malinconiche come per Shelley per il quale sono “Isole in fiore nel mare della vasta Angoscia” perché durante il suo soggiorno ad Este con la moglie Mary, muore la loro figlioletta. C’è chi ne coglie un altro lato, come Andrea Zanzotto “quell’aspetto romito e difficile che conservano i Colli, penetrabili solo a piedi per certi viottoli non asfaltati, dove è ancora possibile trovare il falco, certo si confaceva al Petrarca e ai suoi cammini, in cui è giusto vedere l’assommarsi e il divaricarsi delle più varie esperienze intellettive e del sentimento, a ridosso di un “ultimo limite”.

E’ in vuoti chiostri dal fascino antico che Antonio Fogazzaro fa aggirare i protagonisti di Piccolo Mondo Moderno in cui l’abbazia di “Praglia è il sogno di un vecchione vergine e santo che ha cenato di olive e di melagrani e si è addormentato al suono di un preludio di Bach”.  O se si visita la villa dei Vescovi forse si potrà concordare con Dino Buzzati per cui “L’aspetto stesso della villa, insieme fastoso e bizzarro, la luce torpida del pomeriggio, collaboravano a quella speciale aura magica non rara in queste contrade del Veneto”.

Si può scegliere il fascino di città murate come Monselice “la rocca celeste” per Giorgio Bassani; oppure Este che per Ariosto nell’Orlando Furioso è “il bel luogo con augurio buono”. C’è infine chi può provare la stessa emozione di Widmann, uno dei tanti viaggiatori del Grand Tour che pensa che ad Arquà Petrarca “l’orizzonte sembra senza confini. Una notte d’estate su questo belvedere, sopra di sé il cielo sfavillante di astri, tutta la pianura rilucente per i milioni di lucciole e inoltre l’alitare profumato delle rose del giardino; veramente non si può pensare ad un miglior asilo per il poeta”.

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